Gli auspici non erano certo a favore dell’Impact alla vigilia di questa che è stata giustamente definita una finale storica per la squadra di Montreal.
La Cenerentola della scorsa stagione della MLS di fronte al gigante messicano, quel Club America che possiamo definire senza timore di essere smentiti la Juventus del Messico.
Bisognava esserci, dovevo esserci, in quello Stadio Azteca memore della sfida Italia-Germania 4 a 3 della Coppa Rimet del ’70, del gol del secolo e di quello della mano de Dios, entrambi opera di Diego Maradona nel Mondiale dell’ ’86.
Dovevo esserci, per percepire sul posto l’importanza di una competizione in cui una squadra, nata solamente 22 anni fa dalla passione e dalla tenacita’ di Joey e di tutta la famiglia Saputo per il calcio, che in maniera inimmaginabile rischia di trovarsi a dicembre in Giappone, al cospetto di giganti del calcio mondiale come Real Madrid, Barcellona o Bayern Monaco.
Dovevo assolutamente esserci, per quello che è stata una partita che l’Impact ha affrontato senza nessun timore referenziale, ribattendo colpo su colpo agli attacchi di Dario Benedetto e compagni, gli stessi che in semifinale e in questo stesso stadio, avevano seppellito sotto 6 gol Herediano, di cui 5 nei primi 20 minuti.
La programmazione e la preparazione in altura hanno pagato: l’Impact ha si sofferto gli attachi della squadra messicana, ma giocato decisamente alla pari.
Lo stadio era una bolgia, e quando Piatti con il suo tocco felpato ha portato in vantaggio la squadra di Frank Klopas, l’Azteca stracolmo ha avuto interminabili minuti di smarrimento, con i tifosi di casa che non potevano credere che una squadra di ”gringos” stesse battendo ”Las Águilas”.
E io non ho potuto trattenermi dall’urlare, anche a rischio della mia incolumita’ personale.
Naturalmente si potrebbero analizzare le statistiche a vantaggio del Club América ma l’Impact non ha rubato niente, anzi ha nettamente meritato il risultato nonostante i grossolani errori arbitrali, l’intimidazione continua ed i laser in faccia a Evan Bush.
Il giorno precedente l’Incontro, ho assistito all’allenamento di ricognizione sull’erba dell’Azteca ed ho parlato a bordo campo con Nick De Santis, che mi ha confermato come la calma e la serenita’ dei giocatori alla vigilia di questo incontro sarebbe stata un’ arma in piu’, al contrario di quelli del Club America che avevano il peso di essere i favoriti.
Prima di recarsi allo stadio per la partita ho incrociato all’hotel Romero e Piatti. Andres mi ha semplicemente detto che bisognava vincere, mentre a Piatti ho detto che avrebbe segnato due gol. E ci è andato vicinissimo. Salendo sull’aereo alla volta di Montreal ho ricordato a Ignacio la nostra breve conversazione all’hotel e mi ha detto che per il secondo gol ha ancora a disposizione la partita di ritorno.
Anche se l’impact è stato dominato soprattutto nel secondo tempo, quando gli effetti dei 2200 metri di quota cominciavano a farsi sentire, la squadra ha dimostrato di aver raggiunto la maturita’ necessaria per saper gestire gli ultimi difficilissimi minuti.
A fine partita, in attesa di tornare all’hotel, ho avuto la possibilita’ di parlare con Rejean Tremblay, decano dei giornalisti sportivi del Quebec e con il papa’ ed il suocero di Patrice Bernier. Rejean era a dir poco entuiasta per aver assistito ad un evento del genere, considerando che lui è sempre stato un uomo votato all’hockey, mentre Jean Bernier e Nicola Barile erano semplicemente estatici per la prestazione della squadra.
Mai vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, ma ora l’Impact è veramente a 90 minuti da un successo mostruoso di risonanza planetaria.
L’appuntamento con la storia è fissato per mercoledi 29 aprile allo Stadio Olimico, al cospetto di quasi 60 mila spettatori e speriamo che il sogno si avveri.
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